Da oggi fino al prossimo martedì, Gesù fa la sua reinterpretazione della legge di Mosè. Usa questa espressione conosciuta: «avete inteso che fu detto agli antichi»… «ma io vi dico». Fa un richiamo alla legge e anche alla spiegazione che si faceva nel suo tempo, e quindi offre la sua proposta di approfondimento.
Egli non viene ad abolire, lo abbiamo sentito ieri, viene a dare compimento totale, a spiegare qual è la profondità dei comandamenti antichi.
Oggi ci presenta il comandamento «non uccidere». Per Gesù non basta rimanere alla superficie dei fatti, egli guarda in fondo al cuore e scopre dov’è il problema: nell’odio, nel rancore, nel volere il male degli altri.
Infatti fa tre dichiarazioni un po’ spaventose: chi si adira sarà giudicato, chi insulta, chi offende sarà condannato… Certamente non sono parole da prendere alla lettera, ma Gesù si esprime con tale forza per sottolineare l’importanza delle sue affermazioni. Bisogna stare attenti al più piccolo segno di odio, di ira, di rabbia che possa albergare nel nostro cuore, perché è qui, nel cuore, dove cominciamo ad «uccidere» gli altri, è qui dove decidiamo quali persone non contano per noi, quelle che per noi, è come non esistessero.
Il testo del vangelo continua con un esempio molto concreto: riconciliati con il tuo fratello prima di portare l’offerta all’altare.
Sono interessanti le sfumature. Nel contesto della cultura giudaica, che valorizzava tanto i sacrifici come segno di buona religiosità, Gesù mette insieme il rapporto con Dio e il rapporto con gli altri. Non dice «riconciliati invece di portare l’offerta», come se l’amore al prossimo sostituisse l’amore a Dio, ma «prima», perché l’amore a Dio e al prossimo si vivono con lo stesso cuore, con lo stesso atteggiamento e non si possono separare.