3 Dic 2024

Luca 9,18-24

Tutti i Vangeli presentano la scena in cui Gesù domanda ai discepoli cosa pensano di Lui. E tutti lo fanno in un momento particolare del racconto. Luca aggiunge che Gesù stava pregando (Luca è anche il vangelo della preghiera), quindi ci troviamo in un punto speciale dell’esperienza dei discepoli.
La scena la conosciamo. Gesù comincia, come un buon maestro, con domande facili: «Cosa dice la gente?» E’ sempre facile parlare degli altri, cosa dicono, pensano, fanno… Parlare degli altri non ci coinvolge tanto.

La risposta è interessante: Gesù è visto come un grande profeta dei tempi antichi, Elia o recenti, Giovanni Battista. Cioè, la gente riesce a intravedere qualcosa di grande in Gesù, capiscono che è Dio che lo ha mandato, ma non escono dai propri piccoli schemi del passato. Non accettano che Gesù possa essere qualcosa di nuovo, che in Gesù, Dio sta cambiando la loro storia. È un profeta, sì, ma come altri già venuti prima. Aspettano la salvezza di Dio, sì, ma come le salvezze antiche, niente di definitivo, niente di nuovo.

La seconda domanda, invece, è posta in modo diverso. Gesù chiede ai suoi discepoli che cosa ne pensano loro. È una domanda che coinvolge personalmente e alla quale ognuno di noi deve rispondere. Nessun cristiano può sottrarsi alla risposta.
La cosa interessante è che oggi il Vangelo non ci chiede delle parole. Possiamo prendere in mano il catechismo o grossi libri di teologia e cercare di rispondere… non serve.
Oggi il Vangelo… oggi Gesù ci chiede di stare zitti e rispondere tacitamente; ci chiede di guardare la nostra vita, il nostro giorno, il nostro orario quotidiano, e ci interpella: Dove sono io in te? A che punto mi trovo nella tua vita? Chi sono veramente per te?
La nostra risposta sarà, semplicemente, riconoscere e ammettere o no la sua presenza.
Chi sia Gesù per noi lo vediamo soltanto quando volgiamo indietro lo sguardo e osserviamo le nostre impronte sul sentiero: sono accanto a quelle di Gesù o no?

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