Luca, alla fine del suo racconto sull’infanzia di Gesù, presenta una scena sorprendente: il fanciullo perduto e ritrovato nel Tempio.
A noi sembra strano che i genitori di Gesù siano partiti da Gerusalemme senza accorgersi della sua assenza, ma a quell’epoca, famiglie e compaesani, si aiutavano a vicenda nei viaggi e pellegrinaggi ed era quindi normale per loro pensare che Gesù fosse nella comitiva.
Luca sottolinea la religiosità di Giuseppe e Maria; non tutte le famiglie di Galilea facevano i pellegrinaggi annuali, sopratutto se avevano bambini. Loro fanno crescere Gesù nel rispetto della legge di Dio, gli insegnano le tradizioni del suo popolo, le preghiere e abitudini religiose e gli fanno vivere il pellegrinaggio anche come espressione di questa religiosità.
La seconda parte del brano è una riflessione sul mistero di Gesù. Tutto il vangelo ci vuole presentare questo mistero.
Noi religiosi siamo abituati a idee e concetti su Dio e su Gesù: sappiamo che la seconda persona della Santissima Trinità si è incarnata, che Gesù è Dio con noi. Qui il vangelo però sembra dirci che non basta con avere le idee. Conoscere veramente Gesù è un cammino di esperienza, di vita condivisa con lui.
Infatti Luca afferma che Maria, la persona che più poteva capire il suo mistero, non comprende la risposta del fanciullo.
Non servono le risposte imparate nei libri, bisogna accompagnare Gesù nel cammino della sua vita per avere una comprensione vitale del suo mistero.
Maria custodisce tutte queste cose nel suo cuore. Noi siamo invitati a fare come lei, a lasciare che il Signore ci sorprenda, cambi i nostri schemi, ci annunci novità.
Il piccolo Gesù comincia – e sono le sue prime parole – a parlare di Dio come suo Padre, a annunciare Dio come amore, come il protettore di quelli che soffrono, che sono i suoi figli.
La vita nuova di Dio comincia ad arrivare in Gesù. Tutti si stupiscono e ancora non lo capiscono. Grandi cose stanno per giungere fino a noi.